Le Grotte del Cavallone e del Bove furono utilizzate come rifugio dagli abitanti di Taranta Peligna durante la II Guerra mondiale.

Nell’autunno del 1943 il fronte bellico si era immobilizzato lungo la linea Gustav , proprio alle pendici sud orientali della Maiella. Le truppe tedesche, per rappresaglia, si insinuarono nei piccoli paesini dell’area minando sistematicamente l’abitato. Taranta Peligna fu completamente distrutta, tranne rare eccezioni, dalle mine tedesche e molte famiglie furono costrette a cercar rifugio e nascondiglio altrove. Non sarà difficile accorgersi, passeggiando per Taranta Peligna, dell’architettura post-bellica delle abitazioni. Tutti gli abitanti furono sfollati dal Paese. Alcuni si diressero verso Casoli, costeggiando il fiume; molti si rifugiarono nelle grotte e vi rimasero per oltre un mese (novembre 1943–febbraio 1944). I racconti degli anziani rifugiati ci permettono di riportare in luce qualche particolare in più: la grotta, avendo una temperatura costante di 10 gradi, fu preziosa per sopravvivere alle temperature rigide dell’inverno imminente in alta quota; gli sfollati portarono con loro alcuni animali, in maggioranza pecore, con i quali si cibarono: poca era la vegetazione in quel periodo dell’anno a quell’altezza; le donne ed i bambini si rifugiarono all’interno della Grotta del Cavallone, nella Sala di Aligi, che ancora porta i segni di quel lungo mese, mentre gli uomini, in maggioranza, si rifugiarono nella Grotta del Bove, a pochi passi da quella del Cavallone, probabilmente per il più rapido e facile accesso e quindi la maggiore esposizione agli attacchi esterni.

A breve, online, alcuni racconti dei rifugiati .

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